Vincenzo Torcello, pane e poesia

Del mare e della terra faremo pane,
coltiveremo a grano la terra e i pianeti,
il pane di ogni bocca,
di ogni uomo,
ogni giorno
(…)

Ode al pane, Pablo Neruda

I lavori recenti di Vincenzo Torcello proseguono un percorso coerente e raffinato che vale la pena di scoprire e vivere tanto quanto la sua personalità di artista e di uomo delicato, colto e poco incline all’autocelebrazione. Ligure di nascita, toscano d’adozione, pittore, scrittore, traduttore attivo nel mondo delle avanguardie artistiche e fondatore nel 1973 assieme all’artista belga Jean Raine del Movimento Subrealista, Torcello prosegue la sua attività di artista, impegnato nella tessitura di poesie visive e tattili condensate in lavori polimaterici. Dalle foglie ai semi stagliati su orizzonti di pergamene antiche e arricchiti da pennellate policrome, la sintesi poetica tra cultura e natura prosegue nell’uso del pane, alimento simbolo per eccellenza del nutrimento, ma anche dell’inscindibile legame universale tra gli uomini e degli uomini alla terra e ai suoi cicli. Nella sua opera dunque, tutta la potenza della vita racchiusa in un seme esplode per manifestarsi in quello che è la sua elaborazione culturale più nobile, antica e diffusa. Cinque serie da tredici pezzi ciascuna compongono questo ultimo lavoro di Torcello, Pane, un’opera in cui dall’immagine del pane stampata su fogli di carta, si arriva gradualmente alla presentazione del pane vero. Tocchi minimali di colore sulla materia prima, sono quanto rimane nell’ultima serie delle fasi intermedie che scandiscono il passaggio dall’informazione pura, rappresentazione dell’oggetto, alla sua materializzazione, passando per fogli di carta impastati con la farina, al pane, poggiato direttamente sui fogli e dipinto nelle tre serie centrali. Qui la pittura veicola significati simbolici legati ai colori utilizzati: il celeste spirituale legato all’universo e a quanto non si può fisicamente afferrare; il giallo dell’energia che attraversa la materia, il rosso della passione che entra nella carne e la rende sensibile. Infine, solo e semplicemente pane, come la più naturale e allo stesso tempo più grande delle scoperte, quella delle cose concrete con cui abbiamo a che fare tutti nella vita e nel suo “impasto” dal quale tutto comincia e senza il quale nessuno dei nostri voli pindarici nel mondo delle idee avrebbe senso e sostanza.
Partire dall’immagine per arrivare alla realtà è il percorso inverso scelto da Vincenzo Torcello per fare arte, e niente, più di quanto l’artista stesso afferma, può illustrare meglio le ragioni di questo procedimento: “Penso che uno dei principali problemi dell’arte sia il rapporto tra la cosa e la sua immagine. Io opero sull’immagine per ritrovare la cosa. L’immagine senza un rapporto con la sua radice, la sua origine, è come una vela senza la barca, che ci affascina come un aquilone”.
Usare le mani, affondarle nella pasta della vita, superare il concetto che ci separa dalle cose dandoci l’illusione di comprenderle, prenderlo come punto di partenza invece che di arrivo, perché come un altro poeta ha scritto “la terra, la bellezza, l’amore, tutto questo ha sapore di pane”.

Martina Coletti

Testo critico pubblicato su D’ARS n.  205, Eupalino Editore, Milano, 2011