Esoterismo e frammenti di chiarezza

Tra l’intuizione e la chiara coscienza si opera un’alchimia, possibile in certi casi ma spesso utopistica. Ciò mi porta a molta umiltà e metto il lettore in guardia.

Queste 11 proiezioni per un ritratto di Jean Raine sono state eseguite nell’ottobre del 1976. Fu l’occasione di opporre un certo razionalismo alle angosce suscitate dall’esistenza nel tentativo di evitare la psicosi del nulla. La vita è accettabile se consideriamo i pieni e non i vuoti. Il vuoto è la morte virtuale dell’uomo nella sua immensità. Si può dunque considerare la vita come un miracolo sostenuto da una coscienza avida di materia. Il rigore s’impone come necessità. Mi sono sforzato nella mia pittura di dare all’immagine una ritmica propria ad ogni creazione. Il tempo è essenziale per il pittore. Ciò può sembrare semplice ma non evidente. Essere, barare, vedere il proprio viso, invecchiare, sognare sul filo del tempo e vivere ancora non è un esercizio facile. Ecco ciò che Jean Raine m’aveva detto vedendo i ritratti. Potrà l’uomo ritrovare i tempi ed i ritmi della grande pulsazione cosmica e con essi raggiungere l’equilibrio necessario alla sopravvivenza?

Il mio bisogno di razionalità mi induce a considerare la finzione come un fenomeno puramente materiale che trova la sua origine nella coscienza di esistere in quanto agente di creazione, d’invenzione, di costruzione, di distruzione. È importante tener presente che questi meccanismi operano in condizioni di precarietà a causa della continua perdita di materia dovuta ad una entropia. È possibile che nel sogno, e soprattutto nel sogno sveglio, si possa trovare l’energia per superare il livello più basso, quasi vegetativo, il dispendio minimo di forza indispensabile all’esistenza di tutto il vivente. Per ciò che ci concerne, la vita sociale è un freno, normalizza paradossalmente poiché essa esige in certi campi un dispendio di energia assolutamente allucinante.

Ho valutato con circospezione le cause della mia sofferenza. Per questo e per far fronte ai turbamenti e al magma che si sprigiona dalle profondità mi sforzo di scavare per captare e far coesistere forze dialetticamente contraddittorie. Nessuna evidenza sopravvive alla critica. In effetti niente succede nel mondo, ma il paradosso è che siamo esteriori a noi stessi. Esteriori e mille volte più interiori nello stesso tempo.

La mia intenzione è stata quella di far coesistere in armonia le forze inquietanti che ci abitano e quelle di un universo che non è meno minaccioso. Bisogna accettare il conflitto ma trarre vantaggio dall’energia degli antagonismi. Se qualche apparenza di finalità sussiste è nella conquista di una incognita che ci è malgrado tutto familiare. Per essere forti e creatori bisogna ridurre o espandere il proprio territorio? È in ogni caso necessario situarsi, anche se in modo precario, nell’evoluzione alla quale si partecipa. Ciò che ci preoccupa è che questa evoluzione ci sembra aleatoria e continuamente minacciata. Vogliamo umilmente ESSERE dopo aver conquistato una particella di sopravvivenza.

Vincenzo Torcello, 1976